di Isabella Turino
L’ascolto è una delle basi fondamentali del nostro essere al mondo,

 della relazione che noi abbiamo con noi stessi prima di tutto, e con gli altri.

Nel Metodo Feldenkrais ci riferiamo all’ascolto del corpo attraverso il movimento e il contatto: ascoltare il proprio corpo, il proprio movimento, riconoscere il proprio essere simili e differenti dagli altri. Come capire, come toccare nel modo adeguato, come appoggiare le mani, come staccare le mani: sentire, ascoltare e rispettare. E’ importante non avere idee preconcette e fare ciò di cui l’altro ha bisogno. Ma di che cosa l’altro ha bisogno? Non è facile spiegare esattamente quello che si fa nel corso di una Integrazione Funzionale® del Metodo Feldenkrais®, ma vorrei tentare di descrivere almeno il primo approccio raccontandovi la storia di Elisa, una musicista.

Si è presentata così: “suono la viola in una orchestra, durante le prove spesso sento dolore alla spalla, ho anche una fitta tra la scapola e la colonna vertebrale ed il mio respiro è incompleto.”Mentre l’ascolto, la guardo e le chiedo cosa pensa che io possa fare per lei. Risponde che vorrebbe non avere più questa tensione e questi dolori. Le rispondo che posso provare ad aiutarla ad ascoltarsi, a sentire, a trovare un modo di muoversi che le piaccia di più e che le consenta di fare quello che desidera con maggiore libertà. Non sono direttamente una persona che fa passare i dolori, credo che in fondo il dolore sia uno dei mezzi che il nostro organismo utilizza per mettersi in contatto con noi chiedendo aiuto. Guardandola mentre mi parlava a volte la mettevo a fuoco a volte no, così che mi apparivano chiare le parti di lei che si muovevano e quelle che partecipavano meno.Era evidente in lei la grande motilità delle dita, delle mani e degli occhi, il respiro veloce e poco profondo. Dopo aver guardato il movimento globale della persona attraverso uno sguardo soffice, si percepisce il movimento dell’altro nella totalità e nel particolare, come una figura che esce dalla nebbia e piano piano diventa sempre più definita: il suo incedere era sicuro, i talloni toccavano il pavimento in modo netto, ma tra il bacino e le costole qualcosa si perdeva, come se non fosse chiaro il passaggio del movimento. E’ stato a questo punto che ho avuto bisogno dell’ausilio delle mani.Mentre era ferma in piedi, lievemente, ho appoggiato le mie mani sui suoi polpacci e poi nella piega dietro le ginocchia, ho spinto leggermente il dorso delle mie dita in avanti per invitare le ginocchia a piegarsi: non avevano tanta voglia di farlo. Le sue gambe erano solide e forti come due colonne, ma non si piegavano. Con le mani potevo aiutare l’articolazione delle ginocchia a ricordare che aveva la possibilità di diventare come una morbida molla. Ho posto le mie mani con il palmo e le dita leggere sotto le scapole, solo per sentire se il respiro muovesse qualcosa lì. Ho spostato le mani sul punto della vita, con le dita rivolte in su, un po’ come a formare un calice, sostenendo il suo respiro in modo che lei potesse percepire le sue piccole costole fluttuanti e il loro movimento.Sentivo che non c’era grande libertà tra la schiena e le sue costole. L’ho aiutata a prendere consapevolezza del movimento che il respiro e le sue costole potevano portare alla schiena, a prendere coscienza del collegamento che esiste tra la morbidezza delle ginocchia e la capacità di movimento nella zona lombare e pelvica. Ascoltandosi profondamente, Elisa ha percepito i propri movimenti, così senza mai fare di più di quello che lei non si aspettasse il sottile filo che ci legava era diventato un dialogo continuo, io le prestavo le mie mani ed il mio livello di consapevolezza perchè lei potesse ampliare e organizzare i suoi patterns motori. Le mie mani si sono spostate fermandosi per creare collegamenti quando sentivo che era necessario, staccandosi da lei per dare il tempo al suo sistema nervoso di accomodare i cambiamenti avvenuti.

Moshe Feldenkrais definisce l’Integrazione Funzionale® del suo metodo come una danza leggera e armoniosa in perenne sintonia con un’altra persona. Le mie mani hanno continuato a suggerire movimenti seguendo l’idea della funzione che volevo sollecitare. Dopo la terza lezione la ragazza è tornata da me dicendo: “Oggi ho suonato facendo quello che volevo, ho suonato, finalmente, senza che il mio corpo mi fosse di impedimento.”

Ascoltando, a volte si mette in luce, in ogni persona, ciò che già possiede e che forse non sa di possedere.


Una schiena meno soggetta alla storia personale
di Ruthy Alon

“Il cambiamento maggiore si ha nella regione lombare. Una volta eliminata ogni costrizione tutti affermano di non provare più quel senso di peso e rigidità nella parte bassa della schiena, mentre il bacino, libero di muoversi, costituisce la naturale continuazione della colonna vertebrale. […] A livello emotivo è come cancellare dalla schiena i segni delle lezioni di sopravvivenza apprese un tempo e ricordare come si possa tornare innocenti. Non siete più piegati sotto il peso della vostra storia personale: le spalle non rivelano più le tracce dell’ansia, il collo non è gravato dalle responsabilità, nella parte alta della schiena non si accumulano tutte le tensioni[…]. Ora provate, finalmente, cosa significhi non avere più la schiena imprigionata nell’armatura della lotta. In questo stato di benessere avete la sensazione di iniziare una nuova vita e di poter scegliere dall’inizio come volete essere. Questo atteggiamento può riportarvi ad un tempo molto lontano, antecedente a quello in cui avete adottato delle strategie difensive. Certuni provano una sensazione di tenerezza accompagnata a vulnerabilità, altri una sensazione di serenità e di verità interiore. Poi, quando fate qualche passo per la stanza, sembra quasi che i movimenti serpeggino nel vostro corpo come un’onda più fluida, più continua del solito. Le piante dei piedi scivolano sul suolo senza fare rumore. Alcuni si accorgono che ora Possono camminare senza essere bloccati da alcun dolore.”

Tratto da Ruthy Alon, Guida pratica al Metodo Feldenkrais, Red Edizioni, Como 1992; ristampato come Il Metodo Feldenkrais, Red Edizioni, 2007.